Sitting Volley

Sitting Volley

Olanda, 1956, nasce da un’idea di Tammo Van der Scheer e Anton Albers il sitting volley, una pallavolo per disabili che coniuga il recupero psicofisico e l’inclusione sociale. Il sitting volley si gioca stando seduti sul pavimento, con il campo più piccolo e con la rete più bassa e per queste sue caratteristiche specifiche favorisce l’integrazione sociale delle persone con disabilità.

Le origini di questo sport possono dunque esser considerate di vecchia data, ma la sua diffusione e la sua evoluzione, in Italia e nel mondo, sia come sport che come terapia, sono proseguite molto più lentamente. In Italia, in particolare, si può parlare ufficialmente del sitting volley come sport solo nel 2013, grazie all’iniziativa di alcuni “pionieri del sitting” che lo hanno fatto diventare, con l’entrata nella Fipav (Federazione Italiana Pallavolo), un vero e propria categoria pallavolistica. Tra di loro c’è Carmela Elizabeth Leguizamon, responsabile del sitting volley in casa Csi Clai.

Come sei entrata a far parte di questo mondo?

Al tempo vivevo in Argentina, e dopo una buona carriera da giocatrice nel San Lorenzo, ho deciso di iniziare ad allenare. Ovviamente questo era per lo più un hobby, la mia occupazione principale era di accompagnatrice psicoterapeutica. Ho cercato così di unire queste due mie passioni, in particolare aiutando i miei assistiti tramite la pallavolo, ed entrando così a contatto per la prima volta con questo settore.

Come sono stati i risultati dal punto di vista medico?

Senza dubbio brillanti. È difficile convincere persone con gravi difficoltà fisico-psichiche a provare, tutti, in particolare le donne, all’inizio sono molto diffidenti. Una volta riuscitici però i progressi sono tangibili: ho visto persone dimagrire 40 chili e ridurre l’assunzione di medicinali in maniera considerevole.

Come è proseguito questo tuo percorso?

Dopo essermi trasferita in Italia ho iniziato ad allenare fuori Imola. Lavorando sul territorio, ho conosciuto alcune persone con le mie stesse passioni e interessi, e così insieme abbiamo iniziato a far conoscere questo sport in tutta Italia, trovando sempre più persone disponibili ad aderire a questo progetto. Nel 2013, tutti insieme, e grazie al sostegno di Maurizio Colantoni ed Andrea Lucchetta, siamo andati a Roma, riuscendo a far diventare il sitting volley un settore della Fipav.

Com’è cambiato da allora il mondo del sitting volley in Italia?

Il settore è cresciuto molto, ci sono sempre più strutture e associazioni in ogni regione, tanto che il numero di squadre è quadruplicato. Alcune di queste fanno capo ad associazioni professionistiche italiane di pallavolo tra le più importanti in Italia, che stanno sempre più spesso creando squadre di sitting da iscrivere al campionato nazionale.

Quali sono le principali differenze tra pallavolo e sitting?

Le regole delle due discipline sono praticamente identiche, se non che nel sitting si può murare la battuta e si deve mantenere sempre almeno una parte del fondoschiena a contatto col terreno di gioco, sia quando la palla è in gioco, sia quando non lo è.

Ora di cosa ti occupi di preciso?

Ho continuato ad allenare i professionisti per qualche anno, fino a quando non sono stata nominata “advisor paraolimpico”: ora, non solo alleno in Clai due squadre di sitting volley amatoriali, ma seguo da vicino anche il tennis, il ping-pong e il calcio per disabili, che cerco di far conoscere via via il più possibile in Italia e nel mondo, proprio come ho fatto con la pallavolo.

Andrea Calderara